La E-Street Band è stata la più grande “music machine” degli ultimi quarant’anni. Chiunque li abbia visti dal vivo non può aver dimenticato l’impatto (non è un errore, non è “l’impasto”, che pure è importante, ma proprio “l’impatto”) sonoro che proveniva da quel palco; nessun “fenomeno”, nessun “guru” dietro agli strumenti, ma un gruppo compatto che muoveva in un’unica direzione, creando un sound inconfondibile e inimitabile. E, su tutti, lui, Bruce: un performer inesauribile e generoso, che su quel muro sonoro creava e raccontava storie come solo i giganti della musica hanno saputo fare (e aggiungo che fosse per me non starei a scomodare la letteratura, ma se a Dylan hanno dato un Nobel, beh, allora forse è il caso di leggere con attenzione anche i testi di Springsteen).
Tornano, Bruce e la E-Street Band. Anzi: sono tornati, con tutto il carico di emozioni e di ricordi che possono suscitare in chi, come me, da quarant’anni aspetta e ascolta ogni pezzo di Springsteen come l’acqua un assetato. Ed è subito rimpianto, perché è innegabile che al pezzo appena pubblicato, title track dell’album in uscita, manca quel “sigillo” che è sempre stato il sax di Big Man. Ma Clarence Clemons, come Danny Federici, non c’è più; e anche se i loro sostituti si sono rivelati capaci di entrare da subito nel “mood” della band, nei tour come nei dischi, la loro assenza firma “Letter to you” come e più di un assolo ben riuscito.
The Boss is back, The E-Street Band is back. E’ forse la prima buona notizia di questo 2020; e, probabilmente non a caso, come già fu per “The rising”, la lettera che Springsteen indirizza a tutti noi è un invito al coraggio oltre le difficoltà, alla speranza che va oltre il dolore. In tempi di canzoni usa-e-getta, di hit costruite a tavolino per fare incetta di click per una settimana, ci voleva, un po’ di musica.
Bruce Springsteen - Letter to you