Grace&Grit wroteDopo aver smosso pacchi, spostato scatoloni e scandagliato la libreria di casa ho ritrovato finalmente la mia vecchia, sgualcita copia Adelphi colma di sottolineature e commenti miei, allora 15enne. Con queste parole il gioco era fatto, sapevo che prima o poi sarei diventata motociclista:
"Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c'è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi – un'esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata. (p. 14-15)“
Com'è bello e com'è vero, no? 🙂
Tanto più è sorprendente questo libro, quando si pensi che il viaggio intrapreso da Pirisig è del 1969, mi pare, e la sua scrittura di poco successiva, cioè in piena epoca hippy, beat, "The road", "Easy rider" e riscoperte più o meno allucinogene dei paradisi orientali e rimasticature mistiche assortite... tutto materiale da cui l'autore si tiene lontano, la qual cosa spiega, probabilmente, in parte, il rifiuto dei tanti editori a cui inviò il manoscritto. Non potevo essere compreso, io credo, uno che parla di Zen senza sbrodolarsi in parabole o iperboli, ma accostando un'antica pratica filosofica, non solo alla manutenzione della motocicletta, ma al linguaggio binario dei computer!